L’impianto prostetico dell’anca nelle patologie artrosiche

Una delle principali patologie che richiedono un intervento di chirurgia prostetica dell’anca, è l’osteoartrite, meglio conosciuta anche come artrosi. Si tratta di una patologia infiammatoria di tipo cronico-degenerativo che può colpire tutte le articolazioni e le strutture anatomiche che le costituiscono (cartilagini, capsula, membrana sinoviale), e quelle circostanti come ossa e tendini.

L’artrosi è causata da un assottigliamento a livello cartilagineo che causa un’usura progressiva degli altri capi articolari, a cui conseguono quindi riduzione della mobilità (zoppia nel caso dell’articolazione coxo-femorale o femoro-patellare), dolore, e protrusione di escrescenze ossee dette osteofiti nella regione dello spazio articolare nella cavità dell’acetabolo. Se la causa della condizione patologica è da attribuirsi ad elementi esterni come fratture, interventi di chirurgia, infezioni e traumi meccanici, si parla allora di artrosi secondaria, che va distinta invece dall’artrosi primaria o idiopatica qualora non sia invece possibile identificare una causa primaria. L’artrosi si presenta in genera con l’avanzare dell’età, specialmente in presenza di fattori di rischio quali: l’attività sportiva agonistica, il sovrappeso e l’obesità, lo svolgimento di attività lavorative usuranti, il diabete, l’esposizione a climi troppo umidi e la presenza concomitante di patologie reumatiche. La terapia dell’osteoartrosi prevede il ridimensionamento delle cause primarie della patologia intervenendo sia a livello farmacologico che riabilitativo. La terapia farmacologica prevede l’uso di antinfiammatori e analgesici di vario tipo per migliorare la qualità di vita del paziente, in aggiunta a sostanze che mirano a ripristinare la corretta fisiologia articolare agendo sul trofismo delle regioni coinvolte, ad esempio infiltrazioni di soluzione fisiologica, acido ialuronico e condroitinsolfato. A questo si associano protocolli fisioterapici riabilitativi di vari mesi finalizzati a migliorare la mobilità dell’arto e a prevenire l’irrigidimento e l’immobilizzazione. Col progredire della patologia però questa può diventare non più trattabile, ed è quindi necessario ricorrere all’intervento chirurgico invasivo o mini-invasivo ed all’impianto di protesi specifiche in titanio o ceramica che sostituiscono la struttura cartilaginea atrofizzata ancorandosi direttamente all’osso.
Articolo a cura del Dottor Claudio Butticè, PharmD.

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